Grano/Glutine: allergie, intolleranze e celiachia. Spunti di rifessione

  …il Piccolo Principe disse alla volpe: “Ma allora che ci guadagni?” “Ci guadagno…il colore del grano” Da “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint Exupèry   I disturbi legati al consumo quotidiano del grano affliggono un numero sempre più alto di persone. Molti individui, pur non essendo allergici o celiaci accusano numerosi disturbi intestinali […]

 

…il Piccolo Principe disse alla volpe:

“Ma allora che ci guadagni?”

“Ci guadagno…il colore del grano”

Da “Il Piccolo Principe”

di Antoine de Saint Exupèry

 

I disturbi legati al consumo quotidiano del grano affliggono un numero sempre più alto di persone. Molti individui, pur non essendo allergici o celiaci accusano numerosi disturbi intestinali fra cui: gonfiore, difficoltà digestive, spasmi e coliche soprattutto dopo aver assunto alimenti a base di grano.

Viene spontaneo chiedersi quali sono i motivi per cui un alimento che ha nutrito l’uomo fin dalle sue origini, a cui l’umanità ha da sempre dato un valore simbolico (per esempio l’ostia fatta di farina di grano che nell’eucarestia rappresenta il corpo di Cristo), sta diventando non tollerato ed induttore di una patologia autoimmune come la celiachia o morbo celiaco.

Approfondendo l’argomento, si può affermare che l’ingrediente maggiormente imputato e comune denominatore nei disagi fisici legati al grano, è il glutine.

La causa principale va ricercata in ciò che è stato definito il processo storico del “miglioramento genetico del grano”, avviato negli ultimi cento anni in quasi tutto il mondo e che vede la sua alba in Italia nell’epoca fascista; enfaticamente questo processo fu definito “la battaglia del grano”.

Per spiegare meglio che cosa è accaduto è necessario fare un passo indietro ed adottare un modo di osservazione non convenzionale della pianta del grano nella sua complessità, non solo come elemento materiale da sfruttare ma soprattutto come essere vivente, in continua relazione e comunicazione con il mondo circostante e con Madre Terra (Teoria della Segnatura).

Di una persona dal viso luminoso e dall’animo buono, si dice che è solare. Lo stesso lo si può affermare per tante piante che mostrano una speciale relazione con il pianeta sole. Il grano è una di queste; anzi, fra tutte è la più solare e lo si può osservare in numerosi suoi elementi. In particolar modo è il suo portamento che mi piace sottolineare: le sue spighe, che appaiono come capelli al vento di un colore giallo-oro si erigono verso il cielo, confondendosi con i raggi del sole e donando una luminosità unica. Questa caratteristica è determinata dalla presenza sul manto della pianta di silice, minerale dal color argenteo, che avvolge la pianta e che ha la funzione di convogliare la luce solare permettendo la fotosintesi clorofilliana. Questo miracolo cosmico avviene appunto per mezzo della silice, sostanza che cristallizza in luccicanti esagoni di quarzo, che ha l’elevata capacità di trasmettere le radiazioni visibili della luce e cioè quelle dei sette colori dell’arcobaleno. Per questa sua proprietà il silice è impiegato nelle fibre ottiche e nei collettori solari, oltre che essere un elemento fondamentale della funzionalità dell’occhio degli esseri viventi.

La fotosintesi permette alla pianta di utilizzare la luce solare per produrre amido attraverso l’anidride carbonica e l’acqua. L’amido è il carboidrato fondamentale della nostra alimentazione. Quando noi mangiamo il grano, che si trasforma in amido, possiamo dire che “mangiamo luce solare concentrata”; quindi mangiando i prodotti a base di farina di grano è come se ci nutrissimo di “scintille di sole”.

Voglio ricordare il mio articolo sulla Vitamina D http://naturopatiabologna.it/la-vitamina-che-viene-dal-sole-la-vitamina-d/, cioè la Vitamina della luce, altro elemento vitale in sinergia con il pianeta sole, in cui spiego l’importanza vitale di questo elemento e di cui oggigiorno viviamo una carenza endemica.

Il nostro organismo trasforma l’amido in glucosio, bruciando senza lasciare scorie e la luce solare si libera sotto forma di energia chimica, permettendo i processi fisiologici cellulari e il metabolismo. Il cervello, organo del pensiero, è quello che ha maggior bisogno di glucosio. Non è un caso che il termine “riflessione” lo si usi sia per la luce che per pensare; mentre chi ha idee sagge venga definito “illuminato o lucido”.

Ma perchè bisogna partire dalla luminosità del grano per iniziare a spiegare le allergie, le intolleranze e la celiachia? Ricerchiamo la risposta nella storia.

Cosa è accaduto negli ultimi cento anni?

In questo tempo relativamente breve i genetisti hanno svolto un lavoro al fine di aumentare la produzione di grano e cercare di sfamare più persone possibili. La motivazione di per sé è nobile, peccato per la modalità scelta. Si è cercato, infatti, di aumentare la produttività andando a modificare la qualità genetica del grano. Sono stati prodotti incroci di semi di grano che fossero in grado di resistere maggiormente alla spinta di concimazioni chimiche con nitrati e azoto. Per sua natura, il grano purtroppo è un cereale parco nell’assorbimento delle sostante azotate. Questo ha permesso di aumentare in modo smisurato la produzione: fino a 80 quintali/ettaro a fronte dei 20 di fine ‘800. Purtroppo in queste condizioni, la spiga di grano “alletta”, cioè tende ad andare maggiormente verso il suolo, si appesantisce, perde la sua funzione spirituale e di conseguenza il valore del nutrimento; non tende più verso il cielo, come per sua natura ancestrale. Per agire su questa conseguenza, hanno cercato geneticamente di abbassare la taglia (altezza) delle spighe. Le antiche varietà di grano superavano il metro e mezzo. Ora non raggiungono il metro.

Dopo la realizzazione di ibridi di semi, per mantenere l’obiettivo sulla produttività, hanno trattato piante di grano con radiazioni nucleari, oltre che semi da piante geneticamente modificate con alterazione (in eccesso) della percentuale di glutine. Lo scopo era: ridurre i tempi di lievitazione per aumentare la produttività (per tale motivo, a livello industriale vengono usate farine addizionate di glutine) e rallentare il processo di raffermamento del pane che, quando prodotto industrialmente, rimane morbido solo per alcune ore.

Alcuni componenti del glutine appartenenti alle gliadine sono responsabili della celiachia e contengono la maggior parte delle proteine responsabili dell’allergia alimentare al grano. Il glutine, soprattutto in alte percentuali, è difficile da digerire cioè da scomporre per il nostro intestino che segue leggi biologiche ed evolutive molto più antiche delle leggi della produttività a tutti i costi.

Per i consumatori però che vogliono riconciliarsi con il grano e godere delle sue virtù, resta la possibilità di fare uso di varietà affini che sono state poco o nulla manipolate come il farro (soprattutto il dicocco e il prezioso monococco), il kamut, varietà di grano come il Senatore Cappelli (ma di qualità selezionata), grano da semi antichi e da coltivazione biologica e biodinamica.

Consiglio quindi queste scelte a farine di grano tipo tenero, doppio zero, zero, duro ma anche integrali poichè purtroppo i dati statistici relativi alla celiachia sono in progressivo aumento. Vediamoli per farci un’idea di ciò che sta accadendo nel mondo vicino a noi.

La Celiachia o Morbo Celiaco, è una patologia autoimmune sempre più diffusa che, in base a stime ufficiali (2014), colpisce un italiano su cento.

In Italia è in forte aumento il numero di persone affette da celiachia; cioè oltre il 15% dal 2012 al 2014 in soli due anni. A crescere è soprattutto il numero di persone con diagnosi certa; metà di loro vive nel Nord Italia. Il dato emerge dall’ultima relazione sulla celiachia consegnata dal Ministero della Salute al Parlamento.

Nella relazione si legge che nel 2014 risultavano 172.197 celiaci, nel 2012 erano 148.662, ovvero 23.535 in persone in più, con una crescita di circa il 15,8%. In particolare in Lombardia se ne contano ben 30.000. Il 48% delle diagnosi, infatti, è concentrato al Nord, il 22% al Centro, il 19% al Sud e l’11% nelle Isole.

Che cos’è dunque la celiachia?

E’ una patologia autoimmune che si sviluppa soprattutto in soggetti geneticamente predisposti in seguito all’assunzione del glutine, colpisce più le donne che gli uomini, in un rapporto di due a uno.

Un ultimo interessante dato, che accomuna la celiachia con le forme di ipersensibilità non-IgE mediate (cioè le patologie dovute alla ripetizione dello stimolo antigenico, con attivazione dei linfociti Th), è l’esistenza di una forma subclinica di infiammazione intestinale, che non manifesta i suoi effetti in modo eclatante, ma è prontamente trasformata in patologia da un eccessivo carico alimentare di sostanze ricche di glutine (Arranz E. et al Intestinal antibody pattern of celiac disease: occurrence in patients with normal jejunal biopsy histology. Gastroenterology 1993; 104; 5:1263-1272).

Una condizione simile si verifica anche nella dermatite herpetiforme, dove si può constatare che soggetti del tutto asintomatici, senza alcun segno ematochimico presente, dopo l’inoculazione importante ed aggressiva di sostanze ricche di glutine, rispondono con la produzione di specifici anticorpi antiendomisio.

Mai come in questo argomento, la frase “siamo ciò che mangiamo” la sento appropriato.

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